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lino Manduca  2011   Torna alle categorie

Comunisti a Boves: Lino Manduca.

Esattamente un anno fa, nel caldo di fine luglio, se n’è andato per sempre Lino Manduca. Al funerale, semplice e coerentemente in forma civile, gli amici e compagni di una lunga vita e, davanti al monumento ai caduti della seconda guerra mondiale, il saluto di Diego Berra (Scuola di pace) e Anna Graglia (allora sindaca di Robilante e per anni compagna di partito).

E’ scomparsa con lui l’ultima figura “storica” del piccolo PCI locale. La persona più nota, Bartolomeo Giuliano, era morto nel 1991, quasi in coincidenza con la fine del partito a cui tanto aveva dato, seguito, pochi giorni dopo, tragicamente, dalla moglie Edda.

Manduca aveva 81 anni e sino a pochi mesi prima tutti lo invidiavamo per la salute, lo spirito, la lucidità, la curiosità.

Nasce nel 1922 a Cavallerleone dove il padre dirige l’ufficio postale. Nel 1928 il trasferimento a Boves. Nel 1930 il padre muore (la peritonite, allora, è difficilmente curabile). E’ la madre a rilevare l’ufficio postale che reggerà per lungo tempo (i meno giovani la ricordano efficientissima e sempre attiva).

Lino a dieci anni viene mandato a Pesaro, al collegio per figli (soprattutto orfani) di dipendenti delle Poste.. Qui studierà sino al liceo. L’educazione è quella del ventennio, nell’esaltazione del regime, della guerra coloniale, dell’intervento in Spagna, nella preparazione alla seconda guerra mondiale.

Lino cresce in questo clima e quando la guerra ha inizio e molti suoi compagni di scuola chiedono di partire volontari per il fronte, anche lui vorrebbe farlo, per non sentirsi un vile e un “imboscato”.

Lo dice alla madre in tante lettere. E’ lei a convincerlo a continuare gli studi, a terminare il liceo e ad iscriversi all’università

Intanto, anche nel collegio, iniziano a circolare le prime, incerte e confuse, posizioni antifasciste.

Manduca è militare a Casale Monferrato, a Candiolo, quindi sul fronte francese. E’ qui l’8 settembre 1943, quando viene proclamato l’armistizio e l’esercito si sbanda.

E’, quindi, tra i primi partigiani di Boves. Sceglie i garibaldini, legati al Partito comunista. Un quadro della pittrice Adriana Filippi lo ritrae con il fazzoletto rosso, gli occhiali da intellettuale. Chiunque lo veda, ancor oggi, non può non riconoscere quanto negli anni sia rimasto immutato.

 Importante l’incontro con Giovanni Ghinamo, “Spartaco”, emigrato in Francia, combattente nella guerra di Spagna, confinato politico, che a Boves ricostruisce il partito. Diventare comunista significa rompere con l'educazione ricevuta e i miti del fascismo, entrare in un progetto collettivo in cui la caduta del regime significhi la costruzione di un mondo nuovo, che realizzi la piena libertà, politica e sociale. L’immaginario del militante comunista non presenta contraddizioni: il socialismo ha trionfato in URSS e va estendendosi nel mondo intero, la sconfitta del nazifascismo sarà la prima tappa di un cammino irreversibile. Stalin è “il padre dei popoli” e i lavoratori del mondo intero guardano a lui. La Costituzione sovietica è la migliore fra tutte, ha realizzato l’eguaglianza di uomini, donne, popoli, dato diritti ai lavoratori mentre nel paese regnano la giustizia sociale e il consenso. E’ un mito che vivrà contraddizioni (l’Ungheria, il contrasto URSS- Cina, la Cecoslovacchia, sino al crollo definitivo), ma che dà forza e sicurezza.

A guerra terminata, il PCI si forma a Boves e cresce. “Spartaco” e Manduca sono i più attivi: il teseramento, la diffusione dell’”Unità”, le feste, la gestione per una fase di una sala da ballo, le riunioni piene di speranza. La Repubblica, La Costituzione, comunisti sono cacciati dal governo, ma sono convinti di rientrarci con le elezioni del ’48 (tra chi legge qualcuno conosce ancora le canzoni di Ivan Della Mea sul ’48 a Bergamo?).

Il risveglio è amaro: La DC trionfa in Italia, ancor più in provincia di Cuneo e ancor più nella democristianissima Boves. Pesa l’identificazione tra partito e fede religiosa, pesa l’identificazione dei socialcomunisti con gli atei e gli anticlericali. Sono gli anni difficili della guerra fredda, del mondo diviso in blocchi, della lotta tra Bene (che ognuno identifica con la propria parte) e Male.

Lino è sempre attivo, anche se la sede locale del partito chiude, gli iscritti calano, alcuni militanti perdono il lavoro per motivi politici. Per un breve periodo è funzionario della federazione provinciale. Alcuni suoi rapporti su incontri nelle sezioni di montagna indicano tutte le difficoltà, a volte insormontabili.

Negli anni ’60 il quadro cambia parzialmente. La resistenza ha i primi riconoscimenti ufficiali e Boves diviene quasi un simbolo nazionale.

Manduca è insegnante di lettere alle medie, l’attività nel partito prosegue, anche se emergono i primi dubbi. Sono gli anni del contrasto Cina/URSS, dei movimenti giovanili che criticano il PCI “da sinistra”, dei fermenti nella Chiesa cattolica, di un mondo in ebollizione che sembra non poter più essere come prima e mette in discussione ogni certezza. E’ dubbioso sul ruolo dell’URSS (un giorno mi dirà non ho mai viaggiato nei paesi dell’est per non avere delusioni), sul rapporto tra il PCI e i movimenti giovanili. La fedeltà al “partito” è però sempre totale, soprattutto nei momenti difficili.

Lo conosco nel ’67, dal ’73 lavoriamo insieme in un circolo culturale locale (altri tempi!), nel ’75 alla costruzione di una lista per le comunali che avrà inizialmente successo.

Nel 1976 Bartolomeo Giuliano lascia il paese per divenire preside in una scuola in Svizzera.

Lino è meno attivo, ma sempre attento, curioso (Tu che cosa pensi su...?), lettore, ancor più dopo il pensionamento (1989) di libri, riviste, giornali, documenti.

Lo incontro alle iniziative pubbliche, ai dibattiti della scuola di pace soprattutto sui temi internazionali. La sua adesione ai DS avviene senza grande entusiasmo, ma nella convinzione che altre strade, ormai, siano rispettabili, ma impraticabili. Durante la guerra del Cossovo (1999) mi ferma una sera a Cuneo e, sotto i portici, per lungo tempo la analizza, partendo ancora dalle categorie marxiste: Vorrei farti alcune considerazioni sulla guerra…

Lo incontro l’ultima volta all’Istituto storico della Resistenza dove lo faccio incontrare con una studentessa statunitense che svolge una tesi sulla guerra partigiana locale. In lui quasi lo stupore che una ragazza di vent’anni possa interessarsi a fatti così lontani che lui non ha mai voluto narrare in termini epici e retorici (da qui lo scarso amore per le celebrazioni).

Anche qui vedendomi, il solito : Voi che cosa pensate di…?

Dopo poco, la notizia del tumore, l’aggravamento. Si chiude in sé. Non vuol vedere neppure gli amici. E’ la fine di una vita intensa e significativa, senza retorica di un pezzo della piccola storia di una comunità.

Ciao Lino, come sempre con amicizia e rispetto.

Sergio Dalmasso.